Io sono immortale

Shel Shapiro con la collaborazione di Marco Cavani.
Shel Shapiro, anima e voce dei Rokes, il mitico complesso di E' la pioggia che va e Ma che colpa abbiamo noi ci racconta con passione e divertita ironia l'atmosfera irrepetibile che si respirava negli anni Sessanta, quando sembrò essersi concentrata una creatività, un'energia sociale, ma anche intellettuale, culturale, comportamentale, davvero irrepetibile.
I giovani si sentivano uniti da un implicito consenso generazionale, si era contro a prescindere, a volte anche quasi senza nemmeno sapere contro che cosa. Le ragazze erano "disponibili, si dormiva in alberghi a mezza stella" e forse c'era ancora lo spazio vitale e umano per intravedere un futuro. Mentre l'incubo del nucleare lascia il posto all'infermo del Vietnam, mentre Bob Dylan annuncia in America il tempo nuovo e una moltitudine di ragazzi urla "peace and love" nel fango di Woodstock per Shel nascono e muoiono amori, amicizie e anche qualche sogno.
In mezzo a tutto questo la Swinging London, la nebbia, il freddo di Amburgo tra il porto e la strada delle puttane, a suonare dieci ore di fila negli stessi locali dove si esibivano anche i Beatles. E poi l'Italia vista da Milano — quando i taxi erano la Seicento multipla — e da Roma, quella di Fellini e della Dolce vita, un Belpaese ancora in bianco e nero e bigotto, dove per una sconfitta a Sanremo ci si poteva anche togliere la vita. E ancora il Piper, Patty Pravo, l'Equipe 84, il successo, il divismo, il sesso.
Con uno spiccato gusto dell'aneddoto e un sorprendente senso della storia, Shel Shapiro ci aiuta a capire, attraverso le parole e le note della sua musica, chi eravamo e che cosa siamo diventati.